Siamo antifascisti e antirazzisti. Ed è esattamente per questo che siamo antisionisti. (Rete Italiana ISM)


domenica 31 ottobre 2010

Desmond Tutu, l'Opera, l'OECD e la paura di israele

Sudafrica, il Paese dell'Apartheid. In Paese di Soweto, dei bantustan, della segregazione razziale...il Paese nei confronti del quale, per la prima volta, è stata lanciata una campagna di boicottaggio internazionale per porre fine a questa barbarie. E la campagna ha funzionato, ora, almeno formalmente, il Sudafrica è un Paese democratico.

E poi, tra parentesi, provare a guardare le caratteristiche che aveva l'apartheid in Sudafrica secondo Wikipedia...è esattamente quello che vivono i Palestinesi, anzi, per i Palestinesi è peggio!


Dicevo, grazie al boicottaggio del Sudafrica il regime dell'Apartheid ha avuto fine. L'Opera di Cape Town, alta espressione della cultura sudafricana, ha deciso di dare spettacolo in Israele il 12 novembre. L'arcivescovo Desmond Tutu ha invitato la formazione musicale a desistere e tornare sui propri passi, dichiarando: “Just as we said during apartheid that it was inappropriate for international artists to perform in South Africa in a society founded on discriminatory laws and racial exclusivity, so it would be wrong for Cape Town Opera to perform in Israel” (così come noi abbiamo detto durante l'apartheid che era inappropriato per gli artisti internazionali tenere spettacoli in Sudafrica in una società fondata su leggi discriminanti ed esclusione razziale, così sarebbe sbagliato per l'Opera di Cape Town avere spettacoli in Israele).

Sono state scritte lettere per invitare l'Opera a non andare a Tel Aviv, è stata avviata una campagna su facebook per scrivere sul lor profilo di non dare spettacolo in Israele (i messaggi sono stati cancellati), e finalmente è arrivata la risposta dell'Opera, “We are first and foremost an arts company that believes in promoting universally held human values through the medium of opera and we are accordingly reluctant to adopt the essentially political position of disengagement from cultural ties with Israel or with Palestine.” (Noi siamo inizialmente e prima di tutto una compagnia di artisti che crede nella promozione di riconosciuti valori umani attraverso il mezzo dell'opera e siamo d'accordo nel rifiutare di adottare posizioni essenzialmente politiche di disimpegno nel legami culturali con Israele o con la Palestina)

Come se dare spettacolo in israele non fosse di per se espressione di una posizione politica, di fatto contraria a quei valori umani universalmente riconosciuti che sostengono di promuovere. Come se fare finta di nulla e continuare con il programma li rendesse “super partes”. Come se disconoscessero l'aiuto ricevuto dall'esterno per diventare una democrazia, rifiutando di dare lo stesso aiuto ai palestinesi. L'ipocrisia raggiunge il suo culmine quando si legge, sempre nella replica ufficiale, “I am proud that our artists, when travelling abroad, act as ambassadors and exemplars of the free society that has been achieved in democratic South Africa.” (sono orgoglioso che i nostri artisti, quando viaggiano all'estero, si comportino come ambasciatori ed esempi della società libera che è stata raggiunta nel democratico Sudafrica).

Solo successivamente, nella replica, il portavoce giunge al motivo reale per cui non cancella la data in Israele, e cioè gli impegni contrattuali con i vari artisti locali e stranieri.



In contemporanea, le proteste di attivisti hanno segnato l'assemblea dell'OECD, Organization for Economic Cooperation and Development che si è svolta ad Al Quds (Gerusalemme) pochi giorni fa, nonostante i numerosi inviti a spostarla o non farla affatto provenienti da diverse organizzazioni per i diritti umani. Ci sono stati presidi all'ingresso e l'esposizione di uno striscione che è rimasto per ore in una delle aree di Al Quds più frequentate.


Nonostante i suoi insuccessi sembra però che questa campagna faccia paura ad Israele. Una notizia su Infopal conferma che Israele ha coinvolto i suoi ambasciatori all'estero per studiare un piano volto a migliorare l'immagine dell'entità sionista in Europa e negli USA. È divertente vederli affaticarsi ancora per dover difendere l'indifendibile. Sanno che è impossibile, per un essere umano con un qualunque tipo di coscienza, approvare e condividere quello che israele sta portando avanti con l'approvazione dell'occidente. Così pensa all'immagine, ad invitare l'Opera Sudafricana e alla conferenza dell'OECD. Per quanto ancora questa messinscena tragicomica dovrà continuare?


Boicotta israele perchè è utile.

sabato 30 ottobre 2010

cielo

Aerei di morte volano in cielo
uccelli nemici dalla destinazione sconosciuta
ma qualunque sia la loro meta
portano terrore e distruzione.

Aerei di morte volano in cielo
effe sedici, droni ed Apache
con i loro radar e le loro bombe
senza nemmeno un motivo dichiarato.

Aerei di morte volano in cielo
nella notte buia ed imperscrutabile
fuori dalle case dove la gente riposa
dorme e sogna nei giacigli
fino allo scoppio al rombo al tuono
al crollo all'incubo che torna
che ricorda il disastro il genocidio il piombo fuso
e che ancora una volta di nuovo di continuo
porta la morte.


Vorrei che volassero i gabbiani in questo cielo
e gli aquiloni colorati dei bambini
ma questa notte ancora una volta
Aerei di morte volano in cielo.

venerdì 29 ottobre 2010

Sulla "soluzione" due popoli due stati

Gli accordi di "pace" ancora parlano della soluzione per cui debba esistere uno stato palestinese a fianco ad uno stato israeliano ed ebreo. Questa era la soluzione di Oslo, che stabiliva il confine lungo la green line e che definiva Gerusalemme come città internazionale. Oggi israele ha costruito il muro dal lato palestinese della green line, ha messo in pratica una pulizia etnica in Gerusalemme est e continua l'occupazione dei territori palestinesi.

La soluzione 2 popoli 2 stati oggi non è una soluzione. Non lo è perchè non è praticabile, perchè non porta alla giustizia, e perchè non porta alla pace.

Non è praticabile perchè, guardando ora quello che dovrebbe essere lo stato di Palestina, più che uno stato sembra una gruviera costellata di colonie sioniste. Perchè è impensabile portare via 500mila coloni dalla West Bank, perchè comunque, anche se si riuscisse a fare questo, lo stato di Palestina rimarrebbe diviso in almeno 2 parti, Gaza e la West Bank. Quali sarebbero poi i confini di questo “stato”? Quelli della green line? Quelli del muro dell'annessione? No, basa dare uno sguardo alle carte per capire che oggi non è possibile creare uno stato di Palestina.

La soluzione 2 popoli 2 stati inoltre non porta alla giustizia. La risoluzione 194 dell'ONU sancisce il diritto dei palestinesi deportati durante la Nakba di tornare alle loro terre. Ebbene queste terre sono situate soprattutto in quello che oggi chiamiamo “stato d'israele”, e come può essere garantito il diritto al ritorno dei Palestinesi non ebrei alle loro case se esse si trovano in uno “stato ebraico”? Ed i cittadini palestinesi di Israele quali potrebbero essere in uno stato etnico-religioso quale diverrebbe lo stato di israele, dove verrebbero a porsi?

La soluzione 2 popoli 2 stati non porta alla pace. Non porta alla pace perchè se ci sono 2 stati differenti, di cui uno dichiaratamente etnico-religioso come è israele, è ovvio che anche lo stato confinante, per riflesso, diventi etnico-religioso. Israele ha recentemente approvato una legge per cui per diventare cittadini bisogna giurare fedeltà secondo la seguente formula: "Giuro di rispettare le regole dello Stato di Israele in quanto Stato ebraico e democratico". I territori della West Bank e di Gaza fino a pochi anni fa erano, tra i paesi arabi, una delle aree dalle anime più secolari e plurali: negli ultimi anni sempre più la religione ha cominciato a dettare le regole del comportamento e della società. È chiaro che, per come si stanno mettendo le cose, ciascuno dei 2 territori (che stati non sono)* continuerà nella propria deriva fondamentalista, fitantochè non avrà possibilità di confrontarsi in maniera costruttiva con l'entità avversaria.
Come si può pensare che, con queste premesse, la soluzione che prevede 2 stati in quell'area possa portare ad una pace, o perlomeno una non-belligeranza tra di essi?

Perfavore non parlatemi più di questa storia dei 2 popoli 2 stati. Essa non è una soluzione. In Palestina hanno sempre convissuto ebrei, musulmani e cristiani. Comunciamo a parlare di qualche cosa di alternativo. Uno stato democratico, con uguali diritti per tutti i cittadini. Volendo un periodo di transizione con un unico stato democratico binazionale. Questa secondo me è la soluzione migliore, o meglio, l'unica soluziona possibile. Proponete una soluzione frutto della vostra fantasia. Qualcuno qui proponeva di fare sposare tutti gli uomini palestinesi con donne israeliane così poi i figli non sanno più da che parte stare, proponete qualche cosa di diverso. Ma non venitemi a parlare ancora dei 2 popoli 2 stati: chi lo fa o è un ignorante, e allora diamogli la possibilità di informarsi, oppure è in malafede, e allora mettiamolo a tacere.

*In uno stato è possibile definire dei confini. Non è possibile definire dei confini ne' di israele ne' tantomeno dei territori della West Bank e di Gaza. Essi quindi non sono stati.


Boicotta israele, anche se l'appello per il boicottaggio non i esprime formalmente su quale soluzione adottare.

martedì 19 ottobre 2010

Appello dal Viva Palestina - ancora fermi ad El Arish


L’attesa partenza per El Arish di lunedì mattina non c’è stata. Dopo una convulsa giornata di trattative e di snervante attesa, il convoglio VivaPalestina5 è ancora bloccato nella città portuale di Lattakya.


Chiediamo a tutto il movimento che in Italia è impegnato a fianco del popolo palestinese di mobilitarsi per elevare una dura protesta nei confronti dell’Egitto, con tutte le iniziative che potranno essere intraprese e che in parte sono già in corso.


Chiediamo alle forze politiche e sindacali italiane di far sentire la loro voce.


Chiediamo ai parlamentari europei, ma anche ai membri del parlamento italiano, di sollevare la questione nelle rispettive sedi con interpellanze formali.


Chiediamo alle ambasciate italiane al Cairo e a Damasco, chiediamo al Governo e al Ministero degli Esteri italiano, di tutelare i nostri diritti e la nostra integrità e di sollevare una ferma protesta nei confronti del governo egiziano.


La situazione va sbloccata non nell’arco di giorni, ma di ore.


Noi, 14 componenti del gruppo italiano, insieme agli altri 380 partecipanti al Convoglio Viva Palestina5, siamo trattenuti in una forma illegale di sequestro dal 2 ottobre, da oltre 17 giorni in questa città siriana, impediti dal governo egiziano di arrivare a El Arish e da li, per un tragitto di 40 km di entrare nella striscia di Gaza.

Fino ad ora la leadership del convoglio ha tenuto volutamente e pazientemente un atteggiamento di estrema collaborazione con le autorità egiziane per non offrire nessun appiglio a possibili irrigidimenti. E tuttavia, pur avendo ottemperato a tutte le richieste non otteniamo ancora il permesso per l’ingresso.

Questa situazione da qualsiasi punto la si osservi è assolutamente illegale.

Noi vogliamo far arrivare nella Striscia di Gaza, sottoposta a un embargo illegale secondo il diritto internazionale, condannato dall'ONU e anche dall'UE, medicine e articoli sanitari, materiale per gli scolari di Gaza, un insieme di aiuti umanitari.

Non trasportiamo armi, droghe o altre sostanze illecite.

Non esportiamo valuta.

Non siamo qui per praticare turismo sessuale.

Non siamo finanziati da potenze straniere.

Trasportiamo solo gli aiuti umanitari offerti dai tanti donatori italiani che ci hanno generosamente sostenuto e che ci hanno permesso di realizzare questa missione per la popolazione di Gaza, sfiancata da un assedio e da un boicottaggio letale che dura dall'inizio del 2006.

Se avessimo compiuto una o più di queste azioni le autorità egiziane, ma anche quelle turche o siriane avrebbero avuto tutto il diritto di arrestarci e giudicarci.

Non è questo il caso.

Siamo stati sempre accolti con grandissimo calore e, possiamo dirlo, in particolare noi italiani, con grande simpatia, in Turchia come in Siria.

Il comportamento del governo egiziano ci costringe a una sosta che lede gravemente i nostri diritti, a cominciare dal diritto alla libera circolazione.

Abbiamo adempiuto a tutte le richieste presentare il 5 ottobre, in un incontro a Damasco, dall'ambasciatore egiziano.

Poi il 16 ottobre è arrivata da parte egiziana una lista di proscrizione per 17 attivisti (nessuno del gruppo italiano) che le autorità egiziane hanno dichiarato “non graditi”, basata su dati inconsistenti e su errori grossolani, solo un ulteriore espediente per rinviare ancora la partenza.

Tra questi, fatto particolarmente odioso, due parenti delle vittime della Mavi Marmara, che vorrebbero unire la terra delle tombe dei loro cari a quella palestinese di Gaza per piantare un albero di ulivo.


E' evidente che si sta giocando contro di noi una partita squisitamente politica e che siamo vittime di una forma di “sequestro di persona”, tenuti in ostaggio per motivi che sono facilmente intuibili e dietro i quali si vede chiaramente la volontà dello Stato di Israele di contrastare queste missioni di pace. Il governo egiziano deve essere consapevole che non è tollerabile che si neghi l’ingresso ai pacifisti, mentre lo si auspica e lo si sollecita per i turisti!

Tutti e tutte sono decisi/e a resistere a oltranza, ma abbiamo famiglie e impegni di lavoro e dovremmo rientrare al più presto nelle nostre case. Chi è partito dall'Inghilterra è in viaggio da più di un mese, noi che siamo partiti dall'Italia da 29 giorni.


La mobilitazione in Italia, in Europa e nel mondo deve unirsi alla nostra indignazione e alla nostra resistenza.


lunedì 18 ottobre 2010

Per Roberto Saviano

Per Roberto,
("Caro Roberto"no, non voglio scriverlo)

Talvolta si può trovare la scusa dell'ignoranza, talvolta si trovano persone che parlano per sentito dire, non che questo le giustifichi, ma fa sembrare il delitto meno grave.

Tu menti sapendo di mentire.

Tu, quando parli di israele assediata, sai benissimo che non è così, che i commerci di israele sono anzi facilitati dall'assenza di dazi verso Europa ed America.

Non posso pensare che quando ti focalizzi sulla comunità gay di Tel al Arabya (che gli occupanti hanno rinominato tel aviv), tu davvero possa immaginare che il problema del medio oriente sia il trattamento che le comunità arabe riservano ai gay. Perché non vengono sganciate bombe sopra alla testa dei gay, mentre sopra quella dei palestinesi sì.

Qualcuno parla per ignoranza. Tu no. Tu menti sapendo di mentire. E la menzogna per questo si fa più grave.

Ti auguro che i morti durante piombo fuso vengano a bussarti alla porta quando dormi, che popolino i tuoi sogni.
Te "che vivi sicuro nella tua tiepida casa, che trovi quando torni alla sera cibo caldo e visi amici" , medita se Muna è una bimba, a cui soldati sionisti hanno rubato la casa, la famiglia e il futuro, Medita sulla vita di Haasham, palestinese di Tel Rumeida, che per 3 anni ha vissuto sotto coprifuoco e sopra la cui casa si è insediato Baruq Marzel, che usa scrivere sui muri di Hebron "Gas all the arabs". Medita, e racconta la verità sulla Mavi Marmara e il suo attacco in acque internazionali. Medita se è un padre, uno che vede morire suo figlio bisognoso di cure mediche per un'attesa troppo lunga ad un check point. L'ennesima famiglia a cui viene demolita la casa. Medita, e racconta la verità "o ti si sfaccia la casa, la malattia ti impedisca, i tuoi nati torcano il viso da te."

Di seguito riporto un video girato da un amico qui a Gaza, ed una lettera pubblicata su Peacereporter.
La lettera conclude dicendo "vieni a vedere, sono sicura che cambi idea" io non credo che cambieresti idea, in quando le tue affermazioni non sono dettate da reale convinzione ma da interessi personali. Io direi vieni a vedere per sapere riguardo chi stai mentendo, vieni a vedere gli occhi dei bambini che hanno subito il bombardamento di piombo fuso e che a causa di tutte le menzogne delle persone come te continuano a vivere sotto assedio. Le parole possono essere affilate come lame: vieni a conoscere chi stai sgozzando.

Silvia


Questo è il video di Vik dedicato a te,



Questo è un articolo pubblicato su Peacereporter

Caro Roberto,
ti scrivo da un uno dei molti campi profughi palestinesi del Medio Oriente, la vera verità di Israele, le sue fondamenta... Ti scrivo da Yarmuk, in Siria, dove mi trovo ora. I Palestinesi che vivono qui sono l'immagine vivente dell'ospitalità di Israele, che tu hai lodato qualche giorno fa.

Perché 100mila palestinesi sono qui ammassati e non nelle loro belle case di Haifa, Salfid, Nablus, Gerusalemme? Ti scrivo oggi, ma avrei voluto farlo da tempo, da quando cioè hai iniziato a pronunciarti su un argomento fisicamente lontano alla camorra ma pur sempre vicino a tematiche universali quali la giustizia e l'onore delle persone che desiderano vivere in giustizia: Israele.
Il 7 Ottobre scorso hai esplicitato le tue idee in proposito durante il discorso all'evento promosso da Fiamma Nirestein, Verità per Israele. Hai parlato di Tel Aviv quale città di tolleranza. Hai parlato di Israele quale accogliente democrazia sotto assedio. Ciò mi ha molto colpito, davvero non capisco come un intellettuale del tuo spessore possa pronunciarsi senza essersi prima documentato.

Ho vissuto in Palestina fino al luglio scorso, dal mio balcone potevo osservare i confini di Gilo, uno degli insediamenti illegali condannati dal diritto internazionale, quello dove la Signora Nirestein, tua ospite, pare abbia comprato una casa. Quei confini si espandevano sotto i miei occhi mentre leggevo il tuo libro, Gomorra, apprezzandone infinitamente la scrittura e la passione intrinseca. Quella stessa passione aveva condotto me in Palestina. Lo stesso desiderio di fare chiarezza, dire al mondo la verità, scoprire il vero significato dell'onore, di cui tu stesso parli spesso: "Spingersi ad agire indipendentemente dalle conseguenze per il solo fatto di credere che esistano delle cose che hanno un valore universale ed è impossibile rinunciarvi a qualunque costo e soprattutto indipendentemente dalle conseguenze".

Quell'onore io l'ho visto incarnarsi negli occhi di N. quando rinunciava a collaborare con gli Israeliani e per questo condannava la figlia a rimanere senza cure ospedaliere, questo onore l'ho visto negli occhi di A. quando arrivava a lezione sanguinante dopo essere stato picchiato selvaggiamente ad un check point, quell'onore è dei ragazzini che tirano pietre contro soldati armati di tutto punto. L'onore di un popolo che resiste contro una forza occupante e contro un progetto coloniale che ha molte similitudini con quello dell'Apartheid Sudafricana. L'onore di chi lotta per i propri diritti, riconosciuti da molteplici dichiarazioni delle Nazioni Unite, dalla Corte Internazionale di Giustizia, dalla Comunità Europea.

Qual è l'onore di Israele? Qual è l'onore di un progetto coloniale che ha causato 7 milioni di profughi, 8000 prigionieri politici (di cui 305 bambini secondo quanto documentato da Defence for Children International), che ha trasformato un paese in un formaggio groviera, scavando sotto i piedi della popolazione tunnel e autostrade per soli ebrei, costruendo sulle pendici delle colline insediamenti illegali per soli ebrei, bloccando le strade che portano i contadini palestinesi ai propri campi e alle loro case, che ha sradicato come carote uliveti millenari? Non sto mentendo Roberto, ogni cosa che dico è stata selvaggiamente documentata, selvaggiamente ed inutilmente, a quanto pare. Uno dei maggiori successi della propaganda israeliana è l'oscuramento della realtà storica e politica dell'occupazione del territorio palestinese da parte di Israele.

Quando dici che Israele è un paese accogliente dovresti infatti pensare ai 7 milioni di profughi palestinesi nel mondo che non hanno beneficiato di tale generosità. Quando definisci Israele una democrazia dovresti sapere che un cittadino israeliano arabo non ha gli stessi diritti, quando si sposa o compra casa, di un cittadino ebreo. Dovresti interrogarti sulla contraddizione insita all'espressione con cui Israele stesso si definisce: Stato Ebraico e Democratico. Chi non è ebreo beneficerà di tale democrazia? Dovremmo infine tutti interrogarci sulla storia di Israele, quando ci avventuriamo a descriverne la verità. Tale storia ci narrerà gli eventi della pulizia etnica perpetratasi a danno del popolo indigeno palestinese, dal 1948 fino ad oggi. Diversi storici israeliani hanno documentato questa realtà: Ilan Pappé, Avi Shlaim, Benny Morris.

Quella storia ci farà capire che non abbiamo di fronte due popoli che lottano sullo stesso piano, con pari diritti: ma un popolo colonizzatore ed un popolo indigeno, un oppressore e un oppresso. E la verità avrà altri occhi. D'altronde, lo hai ricordato tu stesso, "verità e potere non coincidono mai". Per questo ci si deve allontanare dal potere per avvicinarsi alla verità. Ecco perchè ti invito in Palestina: in Shoada Street, a Balata, a Male' Adumim. Laggiù anche le domande più acute si dimostrano inutili di fronte all'evidenza di un progetto, di fronte agli occhi umani a cui quel progetto vuole strappare lo sguardo. E sono certa che lo scrittore di Gomorra non potrà che capire.

(Caterina Donattini)

Boicotta israele perchè ha messo in moto una propaganda sionista tale da coinvolgere anche Saviano.

domenica 17 ottobre 2010

L'egitto crea altri problemi per il Viva Palestina Convoy

Il convoglio Viva Palestina, partito il 18 settembre da Londra, dopo aver attraversato mezza Europa, Turchia, Siria, ed essersi fermato a Lattakia 16 giorni per soddisfare le richieste egiziane, sta per imbarcarsi verso El Arish. Il governo egiziano ha posto nuove condizioni, elencando 17 persone indesiderate: il convoglio si muoverà comunque ed avrà bisogno di tutta la nostra solidarietà perchè l'accoglienza degli egiziani non sarà delle più calorose.
Di seguito riporto una mail di un amico sul convoglio e un più recente aggiornamento.


Questa è una mail ricevuta da un amico sul convoglio:
14 ottobre 2010, ore 17:31


Finalmente trovo il tempo per scrivere qualcosa. Siamo a Latakkia, una citta' costiera della Siria e siamo in attesa, da quasi due settimane, del permesso, da parte delle autorita' egiziane, di poter partire alla volta dell'Egitto per poi entrare nella Striscia di Gaza.
L'attesa sembra che si stia concludendo. Ieri le emittenti televisive arabe dicevano che l'Egitto ha dato il suo permesso. Ora quindi non si tratterebbe piu' di problemi politici e diplomatici ma solamente organizzativi. Siamo talmente in "tanti" che sembra che una sola nave non basti. Intanto all'ex campo profughi dove bivacchiamo, campo che ha ospitato i profughi palestinesi del 1948, abbiamo cominciato le pulizie, i preparativi, abbiamo fatto rifornimento ai veicoli...insomma la partenza sempre piu' che mai prossima.
Siamo felici di poter finalmente partire ma anche un po' preoccupati per come andra' questa ultima tappa, sicuramente la piu' delicata, di questo nostro lungo percorso. Incontreremo problemi in acque internazionali con le navi militari israeliane? In Egitto faranno altri problemi una volta arrivati? ci permetteranno di entrare tutti nella striscia di Gaza?
In Turchia abbiamo avuto la migliore ospitalita' che potevamo avere: una ospitalita' genuina, sincera dettata veramente dal cuore delle persone che incontravamo durante il tragitto. Gente che ci salutava, che ci offriva del cibo (una donna ci ha offerto pure dei soldi mentre passavamo per la sua citta'), disposta a fare qualsiasi cosa per renderci meno faticoso il viaggio...tutte persone che pur non partecipando al convoglio sono riuscite a darci dei bellissimi benvenuto, considerando anche la loro poverta' materiale. Insieme alla gioia nel vederci si univa anche il dolore per la morte delle nove persone turche uccise dai soldati israeliani sulla Mavi Marmara. Il percorso lungo la Turchia ha voluto essere anche un percorso che toccasse i luoghi in cui sono stati seppelliti i nove attivisti turchi. La consapevolezza che una iniziativa del genere potesse anche avere il ruolo di non dimenticare queste persone e la causa per cui combattevano ha creato un clima di solidarieta', di fratellanza, di straordinaria umanita' tra persone che mai si erano conosciute. Sembrava di rivedere dei fratelli dopo tanto tempo di lontananza.
Ho visto un paese che nella maggior parte dei casi ha saputo reagire a quello che e' successo andando al di la' del lutto privato dei famigliari delle vittime. Questo penso che sia molto importante.
In Siria abbiamo avuto un altro tipo di accoglienza. Qui ci sono molti palestinesi, soprattutto nel quartiere dove si trova il campo in cui viviamo. Spesso ci invitano a casa loro, spesso vengono a trovarci nelle nostre casette. Un giorno siamo andati a trovare una famiglia profuga palestinese per un te'. Alla fine della serata ci avevano offerto qualsiasi tipo di cibo. A volte sembra un po' strano vivere queste situazioni dove rivestiamo un ruolo quasi da eroi. Alla fine se sono qui e' per cercare di aiutare i palestinesi sia con gli aiuti, sia con il gesto politico di entrare attraverso il valico di Rafah, ma sempre con molta umilta' senza grandi celebrazioni e ovazioni. Ma non e' tanto la gioia genuina dei palestinesi che critico ma quella istituzionale siriana (e in parte turca) che ci ha accolto al confine con le autorita', con i militari, con delle poltroncine e del cibo servito su vassoi. Se sono qui lo faccio per i sorrisi sinceri delle persone sincere e non per i sorrisi interessati di qualche politico, qualsiasi sia la sua posizione sulla questione palestinese.
A parte questo spero di potervi scrivere ancora prima di tornare in Italia...magari da Gaza.

un abbraccio a tutti/e

Stefano

E queste sono le ultime notizie:

Ieri, 16 ottobre il convoglio VivaPalestina5 aveva completato tutte le operazioni per prepararsi all’imbarco sul cargo greco che doveva avvenire questa mattina a partire dalle ore 9. Completato, a titolo gratuito, il pieno di benzina per tutti i veicoli, dislocati i veicoli in ordine di marcia, ripulito il campo che ci ha ospitato, consegnati tutti i passaporti per facilitare le operazioni di frontiera, provveduto alle forniture di viveri e di acqua dato che il vettore non è un traghetto per passeggeri e non offre alcuna opportunità di ristoro, nella serata era previsto un ultimo incontro di saluto e di festa con la comunità palestinese del campo profughi e con la comunità siriana che con generosità ci hanno accolto e ospitato per ben 15 giorni.

E invece, a smorzare gli entusiasmi, è arrivato improvvisamente il contrordine: le autorità egiziane hanno di nuovo bloccato l’operazione di ingresso con una nuova e vessatoria richiesta: 17 degli attivisti considerati persone non gradite, non possono entrare in Egitto. Richiesta immotivata e ricattatoria che subito la direzione del convoglio ha dichiarato inaccettabile riservandosi di adottare oggi, con l’arrivo a Lattakya di George Galloway, tutte le contromisure per rispondere a questa ulteriore pretesa egiziana.

[...]

Israele vuole interrompere questa crescente catena di iniziative (convogli e flottiglie) che sta mettendo in crisi l’assedio e il boicottaggio adottato contro la popolazione della Striscia di Gaza.

Il governo egiziano si presta a questo sporco gioco cercando di logorare la resistenza e la compattezza dei partecipanti al convoglio, le delegazioni di oltre 30 paesi, 380 attivisti con 145 veicoli pieni di aiuti umanitari.

Si tenga conto che il Convoglio, nelle trattative svolte a Damasco aveva già, con grande senso di responsabilità, accettato condizioni molto pesanti, in particolare la rinuncia del leader del convoglio, George Galloway a entrare a Gaza. Ma non solo questo. Era stata accettata la pretesa egiziano-israeliana di escludere il trasferimento in Gaza del carico di cemento, questa arma di distruzione di massa che avrebbe permesso di ricostruire quelle case e quelle infrastrutture distrutte dall’esercito israeliano nell’operazione “piombo fuso”. Era stata pazientemente accettata la condizione di riclassificare tutti gli aiuti e di caricarli su pallet per facilitare eventuali operazioni di controllo. Tutto questo non è bastato, e non sono bastati 15 giorni di sequestro e di blocco del convoglio a Lattakya, con disagi immaginabili per i 380 attivisti, ma anche con un peso notevole per le autorità siriane che ci ospitano, fornendo cibo e bevande a tutto il convoglio. Ora questa ulteriore e odiosa condizione. Non conosciamo i nomi della lista di proscrizione; la direzione del convoglio ha evitato per ora di renderla pubblica per non creare ulteriori tensioni e non fare il gioco egiziano. Ma è presumibile che si vuole decapitare la testa del convoglio e, di richiesta in richiesta, di rinvio in rinvio, bloccarlo definitivamente, questo e anche i possibili futuri convogli.

Gli egiziani con questa mossa hanno rotto e disatteso un accordo già siglato a Damasco e si sono resi responsabili di un inevitabile inasprimento del confronto. La risposta del convoglio, per quanto pacifica non potrà che essere molto dura. E’ vergognoso e intollerabile che si impedisca l’arrivo di aiuti umanitari a una popolazione come quella della striscia di Gaza così duramente provata da un assedio che dura dal 2006. Ma è anche intollerabile che l’Egitto impedisca l’esercizio di uno dei diritti fondamentali che le convenzioni internazionali garantiscono a tutti i cittadini, la libera circolazione delle persone attraverso tutte le frontiere di tutti i paesi del mondo. Ma la manovra egiziana appare sconsiderata. Perché una buona parte della sua economia si regge proprio sulla libera circolazione di tutti quei cittadini, moltissimi sono gli italiani, che ogni anno visitano l’Egitto e le sue più note e famose località archeologiche e turistiche. Turisti sì, attivisti no? Il governo egiziano che si sta esercitando in questa sfida pericolosa e insensata contro un convoglio di cittadini e di attivisti del mondo intero deve allora fare molta molta attenzione.

[...]

Galloway passa in rassegna la lista dei proscritti, dimostrando come le motivazioni addotte dalle autorità egiziane sono in alcuni casi crudeli, in altri casi assurde e in altri casi ancora sia crudeli che assurde.

Crudele l’esclusione di due attivisti turchi, parenti delle vittime della Mavi Marmara, che intendono portare a Gaza, terra raccolta sulle tombe e destinata a piantare fiori e alberi di ulivo a Gaza. Assurda l’esclusione di una giovane attivista britannica, Amena Saleem, indicata come moglie di Galloway (solo perché il suo nome è simile a quello della ex moglie del leader britannico); crudele e assurda insieme la esclusione dello sceicco Ismail Nashwan, un anziano di 83 anni, indicato erroneamente di avere nazionalità turca (e che nell’apprendere la notizia non trattiene le lacrime)

L’intelligence egiziana, sottolinea Galloway, non ci fa certo una buona figura, rimarcando in ogni caso che la responsabilità di questa irricevibile lista di proscrizione è del Presidente Hosni Mubarak che deve avere “cattivi consigleri”.

Conclusione: domani il convoglio, con tutti gli attivisti, partirà per El Arish; le autorità egiziane avranno tutto il tempo a disposizione per riflettere, prendere atto della assurdità ed inconsistenza di questa ennesima richiesta dilatoria e prendere atto degli errori commessi.

Si annuncia un attracco a El Arish alquanto movimentato.

ISM-Italia

Lattakya, 17 ottobre 2010

Boicotta israele, perchè rende l'Egitto suo vassallo.

mercoledì 13 ottobre 2010

Famiglia Samouni

L'attacco alla famiglia Samouni è stato ampiamente pubblicizzato...ma ora i sopravvissuti non hanno un reale aiuto. Quel poco che ricevevano oggi si è fermato ad eccezione di un'assistenza limitata da parte di alcune organizzazioni. La famiglia ora vive in estrema povertà senza ingressi di denaro e senza che se ne parli.” -PCHR, Palestinian Center fou Human Rights-



Quando sono arrivata a Zaitun, nella via dove vive la Famiglia Samouni, si sono avvicinati alcuni bambini. Hanno cominciato a chiedermi "what's your name?", e poi "where are you from?" e capivano la risposta, e se a mia volta chiedevo loro l'età o il nome rispondevano. Non sono molti i bambini qui che parlano qualche parola di inglese. Mi conducono in una stanzina in una casetta con il tetto in lamiera e delle grosse fessure tra i muri e il tetto da cui entra la luce del sole. Mi fanno sedere nell'angolo all'ombra, perchè fa caldo. Mi mostrano orgogliosi il loro libro di inglese.

Adie, compagno dell'ISM, e Shahed, ragazza diciannovenne di Gaza, stanno insegnando loro l'inglese. Ed è importante che questi bambini imparino a comunicare in inglese, così potranno essere loro a raccontare.


Qualcosa raccontano già.

Mona è una ragazzina di dodici anni, con dei grandi occhi neri , magra e vivace. Mi stringe la mano, ci presentiamo, e mi mostra i suoi disegni. Rappresantano un mondo felice, col sole che brilla e gli uccellini in celo. Nei suoi disegno ci sono anche il suo papà e la sua mamma. È stata la prima a voler imparare l'inglese. Arrivano altri bambini, e si inizia la lezione. Oggi impariamo l'ora e il tempo, l'immagine sul libro di inglese rappresenta degli orologi...


Esco dalla stanzina, lascio Mona e gli altri bambini alla loro lezione di inglese per fare un giro. Un bambino di 10 anni mi prende per mano perchè vuole portarmi a casa sua, a farmi conoscere la sua mamma. La strada è polverosa, la stanza spoglia, la madre sorride accogliente e mi offre un caffè. Nel frattempo arrivano altri fratellini del bambino, inclusa una bambina che avrà avuto 2 anni e che si lascia prendere in braccio di buon grado. Il maggiore, 13 anni, è ormai l'uomo di casa: mi mostrano una foto di un uomo e mi spiegano che è il loro papà, morto durante l'operazione piombo fuso, erano 8 fratelli, sono rimasti in 7 e la vedova.





“Mi chiamo Mona, faccio la quinta ed ho 10 anni. Mia mamma e mio papà sono stati assassinati, anche le mogli di mio fratello - Safa, Maha e suo figlio.” “A te cosa è successo?” “Eravamo a casa, sono entrati e ci hanno ordinato di evacuare. Riuscivamo ad udire mia zia che gridava di non rompere le cose e sentivamo il rumore di cose rotte. I soldati hanno sfondato il muro e sono entrati in casa. I soldati ci hanno detto: “andate nella casa del vicino e non uscite, se uscite vi spariamo”. Siamo stati nella casa dei vicini per 2 giorni senza cibo e senza acqua. Mio cugino Mohammed e il nostro vicino Hamdi sono usciti per prendere la legna così potevamo fare il pane. I bambini piangevano, volevano mangiare e bere. I soldati hanno lanciato il primo missile, ha colpito Mohammed ed Hamdi, sono stati ammazzati entrambi immediatamente. Il secondo missile ha ferito qualcuno di noi, il terzo missile ha colpito i miei zii e mia nipote, cosi che sono morti tutti, anche mio padre e mia madre. Dopo il secondo missile siamo tutti corsi in un angolo della stanza ma il terzo missile ci ha colpito ed eravamo tutti feriti, così abbiamo detto: è fatta, continueranno a spararci fino a che non saremo morti tutti.” (intervista)


La croce rossa ha avuto la possibilità di arrivare solo dopo altri 2 giorni. I medici hanno trovato i bambini che accudivano i corpi dei genitori. In un video un medico della croce rossa dichiara: "per me fu un trauma vedere bambini feriti che stavano nella stessa stanza dei genitori morti diversi giorni prima"


Mona è sopravvissuta, con i suoi disegni e la sua voglia di parlare inglese. Dice che da grande vuole diventare medico, perchè così può curare le persone, e che se avesse saputo curare i feriti nei giorni di isolamento magari non sarebbero morti, dice.



Nella sezione video ci sono alcuni link a video che raccontano di questa famiglia.


Boicotta israele perchè, davvero, non ha pietà per nessun*.

domenica 10 ottobre 2010

Soldati israeliani testimoniano dietro ad uno schermo nel caso Rachel Corrie



Il 16 marzo 2003 moriva Rachel Corrie, schiacciata da un bulldozer israeliano mentre mentre cercava di impedire la demolizione di una casa palestinese. Era salita su una montagna di terra che il bulldozer aveva creato davanti a sè per farsi vedere dal conducente. Chi manovrava il bulldozer sostiene di non averla vista, e 'ha travolta, sommersa di terra e poi è passato sopra di lei. Aveva 23 anni.

I genitori di questa ragazza hanno continuato a cercare di portare in tribunale i responsabili dell'assassinio della figlia da allora, e giovedì, al processo, i militari coinvolti hanno testimoniato. Il loro volto non era visibile, la voce proveniva da dietro un paravento, non è stato possibile nemmeno per i genitori vedere il volto degli assassini della figlia. Contrariamente alla dichiarazione firmata solo 8 settimane fa, ora A.S. sostiene di non sapere come Rachel sia stata colpita, di non sapere la distanza dalla quale il bulldozer si fosse avvicinato, di non sapere quanto alta fosse la montagna di terra sulla quale era salita.
"Mentre Rachel stava di fronte ad un muro per proteggere l famiglie che vi si raccoglievano dietro, lo stato mette ora i soldati dietro ad un muro che ci impedisce di vederne il volto" spiega la madre "Lo stato di israele si è nascosto per 7 anni: dov'è la giustizia?"

All'udienza di oggi l'avvocato della famiglia di Rachel si è appellato alla decisione di nascondere i soldati dietro al paravento, sostenendo che questo impedisce un processo equo.

Questo
il link alla fondazione Rachel Corrie.



"In passato ho scritto tanto sulla delusione di scoprire, in qualche misura direttamente, di quanta malignità siamo ancora capaci. Ma è giusto aggiungere, almeno di sfuggita, che sto anche scoprendo una forza straordinaria e una straordinaria capacità elementare dell’essere umano di mantenersi umano anche nelle circostanze più terribili – anche di questo non avevo mai fatto esperienza in modo così forte. Credo che la parola giusta sia dignità. Come vorrei che tu potessi incontrare questa gente. Chissà, forse un giorno succederà, speriamo."
Rache Corrie, in una lettera alla madre.

Boicotta israele perchè nasconde gli assassini di Rachel.

sabato 9 ottobre 2010

Per la verità SU israele

Ieri sono stata ad un compleanno, era il compleanno di Ruba, che compiva 19 anni.
Ruba mi ha raccontato che quando sono iniziati i bombardamenti di piombo fuso era a scuola. Aveva una gran paura, non sapeva se sarebbe riuscita a tornare a casa. Arrivata a casa mancavano ancora all'appello le sorelle maggiori, che erano all'università. Da casa provavano a chiamarle ma le comunicazioni con i cellulari erano state interrotte. Dopo qualche ora sono riuscite ad arrivare a casa, e tutta la famiglia si è raccolta in una sola stanza, la stanza più sicura della casa. In 3 settimane di bombardamenti è uscita di casa 2 volte, entrambe con sua madre: un giorno sono andate a portare da mangiare ad una famiglia povera di vicini, ed un altro alla scuola dell'unrwa, di cui sua madre è preside. Nella scuola c'erano diverse famiglie accampate, e sono rimaste li fino a che israele non ha bombardato la scuola con il fosforo bianco: allora se ne sono andate, ma Ruba non sapeva dove.
L'altra notte, quando hanno bombardato, a casa sua hanno avuto una gran paura perchè non erano lontani da uno dei 2 obiettivi. Spiega Ruba che ad ogni bomba c'è la paura che ci sia un nuovo bombardamento, una nuovo attacco, e risveglia traumi e terrori mai completamente superati.
Ruba è studente universitaria, e si domanda come possano le università occidentali avere ancora rapporti con le università israeliane considerando il fatto che queste sono direttamente coinvolte nell'appoggiare l'occupazione.

Il 7 c'è stata una manifestazione, a Roma, “per la verità - per israele”, maratona oratoria di solidarietà ad israele, promossa da un gruppo trasversale e bipartisan di parlamentari e associazioni su iniziativa di Fiamma Nirenstein, colona israeliana residente in un insediamento illegale e parlamentare italiana.
Ho visto un video di Roberto Saviano, lo scrittore contro la mafia, registrato in occasione dell'infame evento, in cui descriveva l'entità sionista come uno stato democratico assediato dai paesi arabi confinanti. Quale vigliacco esempio di travisamento della realtà!

Riporto le parole di una lettera inviata dagli “amici della mezzaluna rossa”, rivolta appunto ai partecipanti a quella manifestazione mistificatrice:
A tutti coloro che riteniamo realmente amici della verità e, in primis, dei diritti umani ad essa comunque collegati, chiediamo: perché, invece di diffonderla quella verità, e contribuire a fermare la catena d’odio generata da violenze e ingiustizia, avete scelto di schierarvi dalla parte dello stato occupante? Perché condividete con Nirenstein la convinzione che lo stato di Israele sia “proprietario” di ogni regione che occupa illegalmente senza riconoscere i confini della Risoluzione Onu che l’ha fatto nascere? Perchè non considerate che le 73 Risoluzioni Onu sono state regolarmente ignorate da quello Stato, senza che alcun organismo internazionale alzasse un dito per fermare i crimini contro l’umanità di cui esso si macchia dalla sua nascita? Nirenstein parla di diritto a costruire insediamenti israeliani su quei territori che dovrebbero rappresentare lo stato di Palestina, ed è tanto convinta di questo diritto che lei stessa è un’occupante.
Ma voi che andrete a manifestare per la “verità”, siete mai stati a vedere cosa significa l’occupazione israeliana? Già illegale in quanto occupazione è comunque particolarmente odiosa per le violenze e l’umiliazione continua che impone agli occupati. Avete mai visto i villaggi assetati e assediati dai coloni come la vostra Nirenstein?
E come giustifica una scienziata (si riferisce a Rita Levi Montalcini) che ha passato la sua vita per migliorare la vita umana, come giustifica l’uso del fosforo bianco e delle altre armi proibite su esseri umani di ogni età? E a un fotografo come Toscani chiediamo: ma cosa cerca con l’adesione a una tanto macabra manifestazione? Cerca qualche foto ancor più straziante di quelle che le azioni della democrazia
israeliana ci hanno abituato a vedere? E al professor Veronesi chiediamo: lo sa lei che Israele impedisce alla parlamentare palestinese Khalida Jarrar di curare un tumore al cervello? Lo sa lei, che per professione cura chi soffre, quanta gente Israele fa morire per impedimento alle cure? E allo scrittore Saviano chiediamo: lei che parla, e molto bene, di legalità, lo sa lei che le pratiche di quotidiana legalità israeliana nei confronti dei palestinesi fanno impallidire perfino la camorra?


Boicotta israele, perchè Ruba mi ha detto che è fondamentale.

giovedì 7 ottobre 2010

stanotte bombe a nord ed ovest della città di Gaza

Ieri pomeriggio un razzo è partito dalla striscia per arrivare nel mezzo del deserto del Negev. Nessun ferito, nessuna organizzazione ha rivendicato il lancio.

Questa notte, verso l'1, da casa abbiamo sentito un'esplosione. Telefonando non siamo riusciti a capire dove fosse stata, qualcuno diceva in un'area qualcun altro in un'altra. Sembrava non ci fossero feriti.

Questa mattina abbiamo capito che l'esplosione non era una ma due, una a nord ed una ad ovest della città di Gaza, e che i feriti erano 5, di cui 2 in gravi condizioni.

Tra la gente che ha ancora in mente i bombardamenti dell'operazione piombo fuso questo ha risvegliato un trauma ancora non sorpassato, provocando scene di panico e paura tra i residenti (secondo maan news).

Dicono fosse la risposta al lancio del razzo al pomeriggio, ma se un bombardamento multiplo è la risposta al lancio di un razzo nel deserto, senza nessuna vittima e non rivendicato da nessuno, allora quale dovrebbe essere la risposta ad un embargo che dura da 4 anni con bombardamenti continui, quale dovrebbe essere la risposta all'operazione piombo fuso?

Boicotta israele come parte della risposta alle sue aggressioni.

martedì 5 ottobre 2010

Raccolta delle olive

Oggi, primo giorno in Gaza con l'ISM, siamo andati in una zona vicina alla buffer zone per raccogliere le olive.

La buffer zone è un'area dell'ampiezza di circa 300 metri vicino al muro costruito da Israele attorno alla prigione di Gaza. È proibito a chiunque non faccia parte dell'esercito entrare in questa zona.

La settimana scorsa hanno sparato ad un ragazzo all'addome in una zona vicina a dove eravamo oggi. Ad aprile avevano sparato anche a Bianca Zammit.

Questa è la mappa dell'ONU che rappresenta la buffer zone e le zone dove l'accesso è ristretto.


Nella prima foto ci stiamo avvicinando alla zona dove avremmo raccolto le olive.

Nelle 3 foto successive c'è la raccolta delle olive.

Nell'ultima foto è possibile vedere il muro sullo sfondo.

La buffer zone prende il 35% delle zone arabili di Gaza, e, ogni martedì, il comitato di iniziativa locale di Beit Hannoun organizza una manifestazione in quell'area, questa settimana è stata particolarmente leggera perché non siamo entrati nella buffer zone (quella che nella mappa è chiamata “no-go zone”) ma ci siamo solo avvicinati.















Nel pomeriggio sono stata in gita con un gruppo che sta segunedo un corso di inglese. Facevano un sacco di domande su cosa pensano o cosa fanno gli italiani, mi ha colpita la frase di una donna che diceva: “I don't think people don't know what's happening here, I just think they don't care” “io non penso che la gente non ne sappia cosa succede qui, penso solo che non glie ne importi nulla”